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Fertilità

Preservazione della fertilità

  • Introduzione
  • Preservazione della fertilità femminile
  • A chi è rivolta la crioconservazione di tessuto ovarico
  • Cosa si deve fare per sottoporsi alla procedura
  • Prelievo di frammenti ovarici
  • Congelamento tessuto ovarico
  • Scongelamento
  • Impieghi del tessuto ovarico crioconservato
  • Fattori limitanti lo sviluppo follicolare e la ripresa della funzionalità ovarica
  • Preservazione della fertilità maschile

 

Introduzione

 

I pazienti oncologici

 

Il tema della preservazione della fertilità ha assunto un crescente interesse, in considerazione dell’elevata percentuale di guarigione, nei pazienti oncologici di età pediatrica e giovanile, e della conseguente costante crescita della popolazione dei cosiddetti “cancer survivors”, della possibilità di comparsa di infertilità secondaria ai trattamenti chemioterapici e del disagio psico-sociale ad esso legato.

 

Diffusione dei tumori in Italia

 

In Italia, si stima che nel 2011 siano stati diagnosticati 360.000 nuovi casi di tumore maligno, di cui 200.000 (56%) nel sesso maschile e circa 160.000 (44%) nel sesso femminile. Approssimativamente, il 3% del totale viene diagnosticato in pazienti con età inferiore a 40 anni.

Un recente rapporto dell’Associazione Italiana Registri Tumori, attesta che 1 donna ogni 4 ha la probabilità di ammalarsi di tumore. I tumori più frequenti tra i 20-44 anni sono carcinoma della mammella, linfomi, melanomi e leucemie. La diagnosi precoce e l’introduzione di nuovi protocolli terapeutici hanno portato all’ 80% la sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi, nei soggetti con età inferiore a 50 anni.

 

Gli effetti delle terapie oncologiche sulla funzione riproduttiva

 

Grazie ai progressi raggiunti nell’ambito delle terapie oncologiche, la prognosi della maggior parte dei tumori che affligge la popolazione giovanile è oggi in netto miglioramento, con tassi di sopravvivenza molto elevati.

 

Per poter perseguire questo risultato positivo, però si rende spesso necessaria l’applicazione di strategie terapeutiche molto aggressive, che possono compromettere, talora in maniera permanente, la funzione riproduttiva.

 

L’aumento del tasso di sopravvivenza dei giovani pazienti oncologici ha messo in evidenza gli effetti collaterali a lungo termine dei trattamenti ai quali vengono sottoposti, portando in primo piano il problema della funzionalità gonadica dopo la guarigione, in quanto tali trattamenti sono gonadotossici e rischiano di compromettere la funzionalità del tessuto gonadico.

 

Chemioterapia e radioterapia possono interrompere anticipatamente la funzionalità ovarica, aggravando così già i gravi disturbi fisici e psicologici che la paziente deve affrontare nel lungo percorso verso la guarigione.

 

I danni a carico dell’ovaio si traducono a livello clinico in amenorrea, sintomi climaterici, aumento del livello delle gonadotropine e bassi livelli degli estrogeni; a livello istologico nella deplezione del pool follicolare, atrofia ovarica, diminuzione delle dimensioni ovariche e fibrosi stromale. Tutti questi danni portano di conseguenza ad arresto dello sviluppo, sterilità e assenza di menarca nella bambina, perdita della fertilità e fallimento ovarico precoce (POF) nella donna adulta.

 

Nell’uomo gli effetti misurabili sono rappresentati dalla compromissione del numero di spermatozoi nell’eiaculato, dalla loro motilità e dalla loro morfologia e dall’integrità del DNA di cui sono vettori, inoltre possono essere danneggiate in modo irreversibile le cellule germinali.

 

Preservazione della fertilità femminile

 

Per migliorare la qualità di vita di pazienti che devono sottoporsi a trattamenti chemioterapici e/o radioterapici è dunque necessario considerare strategie utili a favorire il mantenimento della loro funzione riproduttiva.

 

Le tecniche tradizionalmente impiegate per la preservazione della fertilità di donne (e bambine) con età inferiore a 40 anni sono la crioconservazione di ovociti e eventualmente di embrioni, mentre una strategia innovativa e molto promettente per preservare la fertilità è rappresentata dalla crioconservazione del tessuto ovarico.

  • Il congelamento di ovociti permette il recupero di un esiguo numero di ovociti, non può essere effettuato in pazienti pre-puberi e consente di preservare la sola funzione gametogenica.
  • Il congelamento di embrioni si può eseguire solo in pazienti post-puberi, è necessario un partner e necessita di stimolazione ovarica per il recupero di ovociti maturi in Metafase II.
  • La crioconservazione di tessuto ovarico si presenta come una valida e applicabile alternativa al congelamento degli ovociti e degli embrioni in grado di preservare sia la funzione gametogenica che steroidogenica sia in bambine che giovani donne affette da neoplasie.

 

È necessario specificare che questa tecnica è ancora considerata sperimentale.

 

La crioconservazione del tessuto ovarico, diversamente dal congelamento degli ovociti, può essere realizzata in qualsiasi momento del ciclo mestruale, evitando ritardi nell’inizio della terapia antitumorale, in quanto non richiede stimolazione ormonale.

 

Un ulteriore vantaggio della crioconservazione di tessuto ovarico è il possibile recupero di follicoli primordiali, in numero tanto maggiore quanto minore è l’età della paziente, i quali contengono ovociti immaturi e quiescenti, risultano essere molto resistenti ai processi di congelamento e scongelamento.

 

La crioconservazione con il successivo reimpianto di tessuto ovarico, inoltre, permette di ripristinare sia la funzione riproduttiva sia la funzionalità endocrina; garantendo un miglioramento della qualità della vita, nelle pazienti adulte, evitando la menopausa precoce e nelle pazienti pre-puberi consentendo un normale sviluppo fisiologico.

 

In letteratura sono attualmente descritte 30 nascite da reimpianto di tessuto ovarico crioconservato ortotopico (22 risultano da dati non pubblicati) e nessuna da reimpianto eterotopico e l’induzione della pubertà in 2 bambine con entrambe le metodiche.

 

A chi è rivolta la crioconservazione di tessuto ovarico

 

La crioconservazione di tessuto ovarico è indicata per pazienti affette da malattie di natura neoplastica e non:

  • Neoplasie del sistema emopoietico: linfoma di Hodgkin e non Hodgkin, leucemia mieloblastica e linfoblastica acuta.
  • Malattie extra-pelviche: osteosarcoma, sarcoma di Ewing, carcinoma tiroideo, renale e mammario, neuroblastoma, tumore dell’intestino.
  • Malattie pelviche: neoplasie non ginecologiche come il sarcoma pelvico, sarcoblastoma, rabdomiosarcoma, tumore sacrale, neoplasie retto-sigmoidali.
  • Tumori maligni ginecologici: carcinoma precoce vaginale, vulvare e della cervice.
  • Malattie infiammatorie: morbo di Chron, lupus eritematoso, artrite reumatoide.
  • Anomalie cromosomiche: associate alla scarsa presenza di follicoli ovarici In particolare bambine affette dalla sindrome di Turner che comporta la distruzione degli ovociti al momento della pubertà, ma per altri versi in gran parte dei casi permette una vita assolutamente normale. Le ovaie di questi soggetti prima della pubertà contengono ovociti che possono essere preservati mediante congelamento di un frammento ovarico e sottratti all’atresia indotta dalla malattia.
  • Endometriosi severe.

 

Cosa si deve fare per sottoporsi alla procedura

 

  1. avere una buona prognosi rispetto alla guarigione dalla malattia di base,
  2. non riportare danni irreversibili all’utero,
  3. ricevere l’approvazione dei medici oncologi che la seguono.

 

Prelievo di frammenti ovarici

 

La biopsia di corticale ovarica si può prelevare durante un intervento laparoscopico o laparotomico, in anestesia. La biopsia laparoscopica di corticale ovarica può essere programmata in qualsiasi fase del ciclo mestruale ed è organizzabile in pochi giorni.

I frammenti (almeno 3) cubici di almeno 8mm di lato vengono immediatamente posizionati in un terreno di coltura tamponato e trasportati, in ghiaccio non secco, dalla sala operatoria al laboratorio del nostro centro di PMA. Qualora il prelievo venisse eseguito da entrambe le ovaie bisogna tenere separate le biopsie per tutto il processo di congelamento.

Frammenti di ovaio vengono inviati dalla sala operatoria all’Anatomia Patologica per escludere presenza di cellule neoplastiche e per valutare la conta follicolare (follicoli/mm2).

 

Congelamento tessuto ovarico

 

In laboratorio si procede alla dissezione meccanica del tessuto che ha lo scopo di isolare la corticale ovarica dalla midollare. I frammenti di corticale ovarica devono essere di piccole dimensioni in modo da favorire la penetrazione dei crioprotettori e preservare in tal modo l’integrità strutturale e funzionale del tessuto durante il processo di congelamento.

I frammenti vengono sottoposti a congelamento lento (slow freezing) mediante graduale esposizione a concentrazioni crescenti di crioprotettori.

Una volta completato il processo di congelamento la paziente riceverà all’indirizzo indicato nel consenso informato:

  1. una relazione di laboratorio in cui verranno date tutte le informazioni relative al tessuto crioconservato.
  2. una copia del referto dell’esame istologico.

 

Scongelamento

 

Il materiale crioconservato viene scongelato al momento del ritrapianto, i campioni congelati vengono prima esposti a temperatura ambiente e poi immersi in bagni alla temperatura di 30°C. In seguito i frammenti vengono scongelati attraverso una serie di passaggi in soluzioni di scongelamento contenenti concentrazioni decrescenti di crioprotettori. Al termine dello scongelamento i frammenti vengono trasportati a temperatura ambiente in terreno tamponato in sala operatoria per il ritrapianto.

 

Impieghi del tessuto ovarico crioconservato

 

Il tessuto ovarico umano crioconservato una volta scongelato, può essere utilizzato, nei seguenti modi:

 

Reimpianto orto topico. Il tessuto ovarico scongelato è reimpiantato nella sua sede originaria, l’ovaio, oppure in una tasca nel peritoneo pelvico della fossetta ovarica. In questo caso è possibile sia ripristinare la funzionalità endocrina, evitando così la necessità di ricorrere a terapie ormonali sostitutive, sia riacquistare la naturale capacità di concepire.

 

Reimpianto etero topico. Il tessuto ovarico scongelato è reimpiantato in una sede particolarmente vascolarizzata diversa da quella originaria (sottocute dell’addome o dell’avambraccio, sotto la borsa omentale, sotto la capsula renale, sulla superficie del muscolo deltoide, sulla superficie anteriore dell’utero). In questo modo è possibile ottenere solamente la ripresa dell’attività endocrina e, per l’instaurarsi di una gravidanza, si deve ricorre a tecniche di fecondazione assistita.

 

Sviluppo e maturazione in-vitro di follicoli ovarici. Questo metodo consentirebbe di recuperare esclusivamente la funzione gametogenica, poiché dai follicoli posti in coltura e portati a completa maturazione verrebbero prelevati ovociti in metafase II, da utilizzare in un programma di fertilizzazione in vitro. Questa tecnica rimane a tutt’oggi del tutto sperimentale.

 

Fattori limitanti lo sviluppo follicolare e la ripresa della funzionalità ovarica

 

Nonostante i risultati ottenuti dalle procedure di reimpianto ortotopico ed eterotopico siano incoraggianti, ci sono ancora alcuni fattori che limitano il successo della procedura: età della paziente al momento della crioconservazione, trattamenti chemio e radioterapici precedenti alla crioconservazione, protocollo di crioconservazione e i danni da ischemia che si instaurano nel tempo necessario alla rivascolarizzazione del tessuto reimpiantato. Tali danni possono influenzare la sopravvivenza follicolare così come l’inizio della ripresa della funzione endocrina e la durata stessa dell’attività endocrina del reimpianto, tutti parametri correlati alla ripresa della funzionalità ovarica.

 

Preservazione della fertilità maschile

 

Nell’uomo la riduzione del numero degli spermatozoi insorge nei primi 6 mesi dall’inizio della chemioterapia e il periodo di recupero con il miglioramento del liquido seminale può necessitare anche fino a cinque anni, anche se non è sempre garantito, infatti, dipende dal numero di cellule germinali residue. Pertanto, quando la malattia colpisce bambini e giovani uomini che ancora non hanno terminato il desiderio di prole, bisogna mettere in atto la giusta strategia per preservare la fertilità del paziente.

 

Esistono attualmente diverse alternative per preservare la fertilità di un uomo:

  • Criopreservazione del seme
  • Congelamento biopsia testicolare e successivo reimpianto cellule germinali

 

La metodica più semplice e più comune per preservare la fertilità nei maschi è il congelamento del liquido seminale raccolto con masturbazione prima di iniziare la chemio o la radioterapia. Gli spermatozoi congelati verranno riutilizzati, qualora necessario, all’interno di programmi di fecondazione assistita (ICSI).

 

E’ fortemente raccomandato che il prelievo del seminale venga effettuato prima dell’inizio delle terapie antitumorali in quanto la qualità del campione e l’integrità del DNA degli spermatozoi possono essere compromessi anche dopo un solo ciclo di trattamento.

 

A differenza di quanto succede nella donna, nell’uomo la preservazione dei gameti, se adeguatamente programmata, non comporta alcun ritardo nell’inizio del trattamento antitumorale. Il numero di raccolte necessarie per garantire un adeguato stoccaggio dipende dalla qualità del liquido seminale ma è opportuno prevedere più raccolte, pertanto l’invio del paziente ai centri specializzati deve essere tempestiva.

 

La criopreservazione di biopsia testicolare è una metodica sperimentale che consiste nel congelamento di tessuti testicolare o cellule della linea germinale con un successivo reimpianto dopo il trattamento antitumorale o la maturazione in vitro. E una tecnica che potrebbe essere proposta anche ai bambini prepubere, che non hanno ancora iniziato la produzione di spermatozoi, ovvero prima dell’inizio della spermatogenesi: la loro produzione infatti inizia durante la pubertà (dopo i 15 anni) pertanto il congelamento del liquido seminale non è una strategia utilizzabile nei bambini pre-pubere. In questi pazienti è possibile eseguire e successivamente congelare una biopsia testicolare contenente cellule della linea germinale testicolare.

 

Le cellule germinali possono essere reintrodotte nel testicolo del paziente, una volta guarito dalla neoplasia, sperando in una ripresa della spermatogenesi spontanea.